TURBIGO – Un buon cronista non butta mai niente. Conserva, il problema e archiviare bene, in modo che quando si cerca la ‘notizia’ si riesca a rintracciarla in tempi brevi.
Stasera, quando abbiamo letto la nota dedicata ai ‘Bienati’ di Francesco Maria ci è venuta in mente la chiacchierata di tredici anni fa…
Don Pietro Bienati della parrocchia di Telgate (Bergamo) fu festeggiato nel 1957 in occasione del 50° di sacerdozio. In una lettera del 1929 inviata a Dante Bienati (padre di Raoul Bienati di Turbigo) si leggono alcune note sulla famiglia che il canonico trovò, molto probabilmente, all’Archivio di Stato di Milano, nel senso che sulla lettera è indicato lo stemma dei Bienati che riporta una bandiera sventolante sui colori azzurro e argento. Nella lettera si dice:
“Si hanno notizie della nobile famiglia Bienati nell’anno 1468 in cui si faceva istanza nel paese di Bienate, così nominato dalla famiglia stessa. Il primo dei Bienati fu Donato de Bienate il quale fu mandato come comandante di questo paese per grazia del comandante di Milano. Donato de Bienate ebbe un figlio di nome Sigismondo ed aveva un fratello di nome Francesco. La famiglia dei Bienati nel 1477 si trasferì a Pavia, così, poco a poco, si divise in più parti della Lombardia”.
Celeste proveniva da Busto Garolfo e si era sposato a Turbigo con Egilda Fornara andando ad abitare in Vicolo dello Sport, nell’angolo con la strada che porta alla casa del Galli. Di questo falegname esiste un ricordo nel volume di Lorenzo Borsani, In quell’ansa del Villoresi, edito in proprio nel 1998. Quando Celeste arrivò a Turbigo per impiantarvi una falegnameria aveva come operai Filippo Sainaghi (che divenne, in seguito, un noto falegname con bottega in via Paolo Tatti), Alberto Pastori (che mise la bottega in via Roma), Eligio Caccia (che lavorò dal Celeste prima di impiantare l’officina che divenne famosa), Mario Bassis.
Celeste ebbe quattro figli che non riuscirono a portare avanti la falegnameria, attività che si esaurì negli anni Trenta del secolo scorso:
– GOTTARDO (1901-1970) fece anche lui il falegname ed aveva la bottega a Nosate, sposò Pierina Salsa da Cameri. Ebbe quattro figli: Cornelia, Ottaviano (dal quale Francesco Maria Bienati, il noto giornalista), Virginia, Ugo;
– FRANCO (1902-1971) sposò Enrica Re ed ebbe una figlia Diana (1929-1975) che non si sposò e gestì nella sua vita una salumeria;
– DOMENICO (1904-1960) sposò Giancarla Picco di Nosate ed ebbe un figlio, Alberto;
– DANTE (1908-1977) ebbe tre figli: Raoul (1943), Sigismondo (1937-1995), Eddie (1946) diplomata a Brera.
Dante abitava in via Brera con la famiglia. Il padre Celeste non era entusiasta della sua passione per il disegno, ma si diplomò ugualmente a Brera affreschista e decoratore. In gioventù, dipinse nella Chiesa dei Frati di Cameri ‘La Scala Santa’ che è tuttora visibile e, nella chiesa di S. Eufemio a Novara la Cappella dei Panettieri (appena dentro la prima cappella a destra).
Frequentò la casa di Carlo Bonomi da cui apprese l’arte della pittura e l’influenza è riscontrabile in alcune opere conservate dagli eredi. C’è una socialista che si ritrova in Carlo Bonomi e nei suoi discepoli turbighesi: Antonio Bonomi e Dante Bienati.
Bienati abbandonò l’attività artistica per andare a lavorare all’Azienda Tranviaria milanese. A cavallo degli anni Quaranta fece entrare parecchi turbighesi nell’azienda in quanto era molto amico dell’ing. Franceschini, allora direttore generale dell’azienda e turbighese doc.
Negli anni Sessanta entrò in Vizzola come assistente edile. Diresse i lavori della Casa del Giovane, delle Case Enel e fu assistente contrario nei lavori di costruzione della centrale idroelettrica Guglielmo Castelli. Seguì anche la costruzione dell’ex Portineria di Ponente con i sassi a vista.
Sono tre le case che progettò nella sua vita: la propria in vicolo dello Sport, quella che si trova davanti alla chiesa sussidiaria anch’essa abitata da un Bienati, e un’altra posta nel quartire Rugalet (vicino all’abitazione Zanforlin) .
In gioventù visse in alcuni conventi e la passione per l’antico e il mistico l’accompagnò per tutta la vita