TURBIGO – Eccezionale questa foto che ci ha messo a disposizione il dottor Bruno Antonio Perrone, per il legame indissolubile ritrovato nella maestra. Infatti, Cesira Bonaudo, che compare in molte foto ufficiali del Ventennio turbighese, era stata la maestra della classe 1947 e, dopo aver concluso il ciclo, aveva preso la classe 1952, appunto quella del dottor Bruno Antonio Perrone. Chi scrive, del ’47, se la ricorda bene, anche perché la signora maestra aveva l’abitudine di tirare le orecchie e probabilmente il “leonino era molto vivo” e le sue mani le ricordo ancora su di me. Ma non ho avuto grossi traumi e, forse, tali ‘violenze’, mi hanno fatto bene. Ricordo ancora il giudizio che disse a mia madre dopo la quinta elementare: “E’ sveglio, ma non studia, non si applica, ha altro per la testa”.
Cesira Bonaudo era stata per cinque anni la mia maestra. Non posso dire che le sua iniziazione alla vita sortisse su di me e sugli altri miei compagni qualche interesse. Parlava… e ogni tanto passeggiava tra i banchi e prendeva qualcuno per le orecchie alzandolo dalla sedia e apostrofandolo malamente perché individuato come responsabile di qualche subbuglio o addirittura perché colto in flagrante. Ricordo anche le sonore sberle (sento ancora il rumore!) date a un mio coetaneo (purtroppo già defunto) che, ritto in pedi, rimaneva lì a prenderle. Chi scrive invece, non potendo scappare, si copriva con le braccia per attutire i colpi e faceva di tutto per sgattaiolare via. Eravamo in tanti in classe: i più bravi e educati (il figlio del farmacista, quello del direttore della centrale e via dicendo) erano nei primi posti, mentre noi figli del popolo negli ultimi, adiacenti alla parente di fondo dell’aula. Però, avevamo tutti il grembiule nero, tutti uguali, in apparenza…