TURBIGO – ROBECCHETTO. Ci è stato segnalato un libro da Luigi Scotti, presidente degli ‘Amici della Musica’, e siamo andati a vedere che cosa dicesse sull’antico convento degli Agostiniani Scalzi eretto a Turbigo per volontà testamentaria del cardinale Flaminio Piatti (1550-1613). Il libro, ‘Lustri storiali de scalzi agostiniani eremiti della Congregazione d’Italia e Germania’, pubblicato nel 1700 (editore Vigoni), conservato nella Biblioteca Nazionale austriaca è stato digitalizzato il 12 luglio 2012. Si può quindi facilmente consultare ed è quello che abbiamo fatto. Parla della fondazione del convento senza aggiungere granché a quanto già si conosceva, mentre la novità è rappresentata dalla descrizione del territorio. L’italiano è quello che è, ma si intende chiaramente che la porta ancora oggi esistente (al Padregnano) era una delle porte della città murata (“molto popolosa e cinta di mura”), ma poi fu incendiato il tuttto. Però il Visitatore, ancora alla fine del Seicento dice che “si vedono ancora oggi vestigia di alcuni suoi edifici, oltre altre antichità ritrovate sotto terra da coltivatori”.
“Turbigo è Terra della Pieve di Dairago, distante sette miglia dalla città di Novara e vicina al fiume Ticino circa mezzo miglio (…) Oggi è feudo del principe Doria. Una sua parte sta situata sopra un colle e l’altra declina fino al canale che si chiama Naviglio Grande, il quale scorre dal Ticino verso Milano: sopra di questo si naviga comodamente, ogni giorno, e notte, fino a Milano.
Si ha per tradizione antica che Turbigo e Paregnano, fra essi ora distanti, compresero la città chiamata Paterniana, ch’era molto popolata e cinta de’ muri, spaziosa un miglio: ma divisa in due parti da un ramo del fiume Ticino, uscito da’ suoi letti ordinari, si disunissero ancora gli animi de’ suoi abitanti talmente che, guerreggiando tra di loro, distruggessero col fuoco la loro patria. Infatti si vedono ancora oggi vestigia di alcuni suoi edifici, oltre altre antichità ritrovate sotto terra da coltivatori.
In Turbigo sopra il suo colle vi è abitazione, chiamata il Castello, e si suppone che avanti la distruzione della Città ivi tenesse la sua fortezza. La giurisdizione della chiesa parrocchiale del medesimo Turbigo si stendeva a molte altre terre, le quali poi furono dismembrate e poste sotto propri parroci dagli Arcivescovi di Milano”.
FOTO La copertina del libro in evidenza e due brani che descrivono il territorio alla fine del Seicento…