Una telefonata augurale per il 2020 è stata il mezzo utilizzato da ‘Massiccio’, nome di battaglia del partigiano garibaldino Alessandro Maiocchi (91 anni), per dire al vecchio cronista che stanno lavorando per ottenere un riconoscimento civico per la ‘Cacciana’, frazione di Fontaneto d’Agogna, provincia di Novara. Lì, nel settembre 1944 i fascisti misero a ferro e a fuoco quella che ritenevano essere un covo di partigiani. E’ stato lui stesso a raccontare la vicenda nel libro ‘Su quella che fu la Resistenza’ (2018) che abbiamo scritto insieme e che qui sotto riportiamo:
“Settembre, 20: La Cacciana a ferro e a fuoco… Alla morte del Saini, nella sua casa al molino di Cressa, si insediarono quattordici fascisti (la squadraccia Tupin romagnola che aveva ucciso Pizio Greta e i fratelli Rinaldi) fedeli al prefetto Enrico Vezzalini, una presenza che Andrej mal sopportava perché il molino produceva il pane per i ribelli. Fortuna volle che, come agente dell’annonaria al molino, ci fosse Giuseppe Canonica, un amico di Andrej, insieme al quale mise a pun- to un piano. Per allietare le serate lunghe e noiose dei guardiani neri, Canonica propose loro di cercare delle “sfollate di Cassino a cui farà piacere ricevere qualche lira in cambio di sesso”, ma li invitò a praticarlo in una villa vicina. Canonica assoldò le Petacci di Fontaneto e le mostrò in lontananza ai guardiani neri che uscirono in bicicletta per andarle incontro. E qui entrarono in azione i partigiani che catturarono quattro fascisti.
Un’ora dopo arrivò un’autocolonna da Novara con 250 uomini che mise a ferro e a fuoco la Cacciana, comprese le stalle dei Maiocchi con dentro una ventina di bestie e quelle dei fratelli Cerri (Alessandro, Lot, Gianel) della cascina Maggina con cinquanta animali. Non solo, prima effettuarono un repulisti nelle camere, rubando tutto quanto aveva sembianza d’oro:
“Ci teneva a bada un fascista molto giovane puntandoci il mitra, mentre gli altri continuavano ad appiccare il fuoco. Io e mia sorella ci scambiavano qualche parola, ma la guardia ci zittiva, imprecando e gridando: Faccia al muro! Sentendo la bestemmia Caterina Albertinazzi, donna di chiesa, si girò dicendogli: Vergognati! Il Duce ha portato la civiltà in Abissinia, e voi portate la barbarie in Italia, dove già c’era la civiltà. E il giovane fascista: Qui ci sono le donne ribelli, non gli uomini! E giù un’altra bestemmia. Allora la Caterina, che quando era stata fermata aveva l’ombrello, gli mollò due ombrellate. Vi sparo! Non mi importa: lascia stare il Signore. E il giovane fascista si zittì”.
Poi la squadraccia si diresse verso Fontaneto, intimando all’arciprete di fare da mediatore dicendo ai partigiani di restituire i quattro militi catturati e trascinando con loro degli ostaggi. C’era anche Mitra alla Cacciana quei giorni, convinto che avrebbero bruciato la tana dei partigiani”.
FOTO Ancor oggi la ‘Cacciana’ e lì, bruciata…