Mia nonna aveva un grande giardino, per coltivarlo, si faceva aiutare da Beniamino – per me “Bignam” Beniamino in dialetto milanese – passavo con Bignam interi pomeriggi, era un uomo taciturno, gran lavoratore e coltivava il giardino in una maniera speciale. La mia definizione di paradiso, a quel tempo, era sicuramente sinonimo di quel giardino, Pesche, Uva, Fragole, Carote, Pere, Fagioli, Pomodori e insalata, con la colonna sonora, il canto delle galline che stavano in un recinto appositamente costruito da Bignam. Adoravo quell’uomo, sua moglie Fermina un po’ meno, poiché, quando arrivava lei, voleva dire che era l’ora della puntura, maledetta penicillina mi ha segnato tutta l’infanzia. Io lui lo aspettavo in giardino, con trepidazione, l’arrivo di Beniamino che m’insegnava a curare le piante e mi raccontava la sua guerra. Questi racconti sulla guerra mi affascinavano ed era il mio maggior interesse. Lo ascoltavo, io ero piccolo, lui a me sembrava enorme, ascoltavo i suoi racconti, ponendomi molte domande. Mi ricordo che mi parlò del Fronte Greco, a me colpì molto il suo periodo di prigionia. Per la prima volta sentii parlare di Campi di Concentramento e in particolare di Dachau, dove Beniamino era stato internato, non avevo compreso la gravità della situazione. Le domande di un bambino, ad un ex soldato, vertevano sul coraggio: “hai mai ucciso un uomo? hai mai avuto paura? perché ti hanno imprigionato?”
Beniamino smorzava sempre il mio chiedere irruento, rispondendo sempre in dialetto milanese: “te dei fa… le stai un moment insci, l’em pasa, sem chi, andem innanz!” (è stato un periodo cosi, dimentichiamocelo, andiamo avanti!)
Non capivo, non capivo il perché il suo pensiero era cosi remissivo, perché non si era ribellato quando vedeva morire la gente intorno a lui, mi fermò con una frase: “Quelli là erano cattivi davvero, la vita non valeva nulla, tu non valevi nulla, l’unico pensiero era sopravvivere, tornare a casa”.
Una delle cose che mi è rimasta impressa, mentre mi trovavo nel mio giardino (il mio paradiso di abbondanza) fu alla domanda “cosa mangiavi” la risposta secca fu “brodaglia e pelli di patate, ma non è andata male, mangiavo così poco, che sono dimagrito 20 chili, ed è stata una fortuna, cosi potevamo dormire in cinque in un letto e scaldarci stando vicino”. Mi era fatto un’immagine nella testa di un letto con cinque persone, ma non era drammatica come quelle, reali, che vidi qualche anno dopo sui libri di scuola. E allora capii…
Beniamino era anche un cementista, di lui ho conservato: un piccolo mulino a vento, un pozzo, un tavolo delle panchine tutte fatte in cemento e da lui. Penso che dovrò restaurarle, glie lo devo!
Ringrazio Gabriele Calcaterra del Museo Civico Storico di Cuggiono che mi ha concesso l’onore di montare un video dove Luisa Vignati e i ragazzi delle Scuola Secondaria di primo grado di “Carlo Fossati” di Cuggiono, raccontano la Storia degli “IMI” (Internati Militari Italiani), un racconto che mi vede coinvolto visto la mia vicinanza a Bignam al secolo Beniamino Colognesi uno dei 600.000 IMI, un mentore, un amico!
MI mancano le ore passate in giardino con te e i tuoi racconti!
Ringrazio Gabriele Calcaterra nuovamente di avermi coinvolto nel montaggio del video e un plauso enorme va a Luisa Vignati per aver ricordato questa triste esperienza dei militari italiani “RESISTENZA FU ANCHE DIRE: NO. GLI IMI”, un video che vi propongo e spero resterà in futura memoria: