In un momento che una parte politica fomenta, secondo noi, un forte razzismo, ricordare quelle morti assurde e fraticide può far riflettere. I morti sono tutti uguali, siano essi di destra o di sinistra. Ricordare Virginio Magni e Ambrogio Colombini nel 75° anniversario della morte, sempre secondo noi, sarebbe stato un gesto di intelligenza politica.
Pubblichiamo, e condividiamo, interamente il pensiero di Giuliana Labria, ricordando a tutti che siamo solo di passaggio e l’odio uccide:
“Apprendo che quest’anno il Comune di Magenta ha deciso di non commemorare i giovani partigiani Virginio Magna e Ambrogio Colombini, uccisi nel corso di una rappresaglia fascista il giorno di San Biagio del 1944. Personalmente lo ritengo uno sfregio, istituzionale e culturale, non solo perché l’antifascismo dovrebbe essere un valore condiviso ( dato che la nostra Costituzione si fonda su di esso), ma anche perché un’amministrazione che vanta il proprio attaccamento alla storia e al valore identitario della comunità locale, ha dimostrato, con questa indifferenza, di non avere a cuore ne’ l’una né’ l’altra. Propongo allora, un racconto di quegli eventi, che mi e’ stato tramandato da una testimone di eccezione, che ha vissuto in prima persona i fatti. Si tratta di una ragazza che abitava nel cortile prospiciente Via Roma, chiamato la Curta da Stalasc, dove abitava anche Virginio Magna, il “Gino”. Quella ragazza oggi ha 91 anni ed è’ la mia mamma. È’ riuscita a farmi dono di questo racconto, prima che la malattia le portasse via la memoria, e io ne faccio tesoro prezioso, e lo racconterò a mia volta finché avrò voce per farlo. In quel San Biagio del 1944 i ragazzi e le ragazze del cortile si erano appena radunati per fare un pò di festa con la “carsensa” , e con qualche altra povera cosa, il mangiare della guerra, quando furono raggiunti dalla notizia che squadracce fasciste provenienti da Legnano giravano per provocare e “rastrellare”. Trascrivo le parole, in dialetto, della mia mamma : “Al Gino l’ha trai indrè al piat, l’è sultà su, la rampà la bicicleta….. “Va no, Gino, va no, ga l’em di tucch, ma sem stai bon no da fermal. Al dueva andà a dig ai so amis da scapà e scundas”. Dopo neanche un’ora il Gino era riverso al suolo, con la sua bicicletta, falciato da una mitragliata. Aveva diciotto anni.
Una donna, che aveva assistito alla scena, e aveva visto l’assassino negli occhi, un altro ragazzo giovanissimo, in uniforme fascista, l’ha rampaaa’ par al ciüff, e l’ha di : “cus’e’ ca te fai, cus’e’ ca te fai, disgrasiaaa.. t’e’ masaa’ un fieou cal püdeva ves al to fradel..”
Quel giorno scese il buio su Magenta.
Nei giorni seguenti il comando fascista minaccio’ di impedire il funerale, per timore che si trasformasse in una grande manifestazione popolare, come in effetti avvenne, perché l’allora prevosto, Mons. Crespi, sfidando i gerarchi, si ribellò ai loro ordini.
Tra una trippa e un filone di marroni faremmo bene a ricordarci di queste cose. Farebbe bene a tutti.”
Foto di Copertina scattata il 25 Aprile del 2017 (Amministrazione Invernizzi)