La prima volta che vidi il l’allora, Maggiore Ermanno Fenoglietti, mi colpì molto la sua serietà e professionalità. Eravamo a Mostar, quella volta ci venne l’idea era vedere dove era stati uccisi, un anno prima, i giornalisti italiani Alessandro Saša Ota, Marco Lucchetta e Dario D’Angelo.
Non era ancora finita la guerra un anno dopo il massacro, saputo dell’arrivo dei Carabinieri del Tuscania, ci recammo presso il loro comando, poco distante dal Ponte Vecchio distrutto dalle bombe, un po’ per conoscerli, un po’ per chiedergli aiuto per muoverci nella città distrutta da una guerra atroce.
Mi sono sempre chiesto cosa pensò sul momento, due italiani, sbucati dal nulla, in zona di guerra, per fare un servizio giornalistico, su un eccidio di colleghi italiani.
Tra l’altro, i giornalisti morti, non erano nemmeno colleghi, perché a quei tempi, muovevo i miei primi passi nel mondo del giornalismo, quindi non potevo dimostrare il mio status, ma mi ricordo che lui si fidò subito, e ci fece accompagnare da un Maresciallo nel luogo esatto del massacro.
Da allora ogni volta che arrivavamo a Mostar, io e il mio amico Paolo Restelli, passavamo sempre per un saluto, per un momento solidale con i nostri Carabinieri, uno scambio di battute, un segno di vicinanza al difficile lavoro che i nostri militari compivano laggiù.
Furono molti i momenti che le nostre vite s’incrociarono. Addirittura, la sera prima del tragico incidente che costo la vita al Maggiore, io e Paolo, in partenza da Medjugorje, passammo a salutare i Carabinieri, il Maggiore, ricordo, ci invitò a prestare attenzione alla lunga strada del ritorno. Noi che avevamo forzato l’assedio di Sarajevo, spinti da quello che è l’incoscienza della gioventù, sorridemmo e scherzammo, il peggio l’avevamo passato a Sarajevo.
Quella sera, ho avuto la fortuna, stringendogli la mano, di dirgli: “Maggiore GRAZIE! Sono fiero che l’Italia sia rappresentata da uomini come lei” e partimmo.
Ricordo ancora esattamente dove mi trovavo il giorno dopo, quando, arrivato in Italia al TG1 annunciarono la morte del Maggiore, fu un colpo per me.
Oggi la notizia che Torino gli dedicherà una strada, io penso una cosa, che il Colonello Ermanno Fenoglietti, rimarrà vivo nei miei ricordi finché vivrò.
Una Breve Biografia del Tenente Colonello Fenoglietti:
Ermanno Fenoglietti (Torino, 3.6.1958 – Mostar, Bosnia Erzegovina, 27.12.1995) Nasce a Torino da padre già Tenente della “Folgore” caduto prigioniero durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel 1977 entra nell’Accademia Militare di Modena dove viene selezionato quale ufficiale dell’Arma dei Carabinieri, terminando i propri studi a Roma presso la Scuola Ufficiali. Nel suo curriculum di Comandante figurano importanti reparti quali: Plotone del Battaglione Paracadutisti “Tuscania”, Sezione del prestigioso Gruppo di Intervento Speciale (GIS), Nucleo Radiomobile di Catania, Compagnia di Fontanarossa (CT) e Reparti Operativi di Catania e Como. Inoltre, tra i principali brevetti conseguiti nel suo brillante curriculum tecnico-professionale vi sono quello di Paracadutista direttore di lancio, Istruttore militare di educazione fisica, sciatore e pattugliatore scelto oltre che di interprete di lingua inglese e spagnola. Nei primi anni Ottanta partecipa a due missioni di pace in Libano e negli anni successivi, rientrato in Italia, nelle sedi ove presta servizio si prodiga in prima persona ad aiutare le popolazioni colpite da disastri naturali, tanto da essere insignito della Medaglia Commemorativa per le Operazioni di Soccorso a favore delle Popolazioni. A Catania tra il 1993 ed il 1994 dirige le operazioni per la cattura di un pericolosissimo boss mafioso, capo clan in ruolo apicale di “cosa nostra”, ricevendo un Encomio con la seguente motivazione: ”Comandante di Reparto Operativo di Comando Provinciale in territorio caratterizzato da elevato indice di criminalità mafiosa, organizzava e dirigeva, con costante dedizione e spiccata professionalità, una complessa attività info-investigativa conclusasi con la cattura di noto capo famiglia mafiosa legata a “cosa nostra”, ritenuto responsabile di efferati delitti e latitante da oltre dieci anni”. Il 1° settembre del 1995, assume il comando dei 20 militari dell’Arma dei Carabinieri in Bosnia, in seno al contingente europeo di 170 uomini provenienti da 11 Paesi.
Il 27 dicembre dello stesso anno perde la vita a seguito di un incidente stradale verificatosi durante una ricognizione nella città di Mostar (Bosnia Erzegovina).