In un momento di precarietà e provvisorietà generale legato all’attuale emergenza sanitaria emerge con vigore un’esigenza di chiarezza su molti aspetti pratici. Tra questi, v’è anche la diatriba “diritto di visita del genitore si o no” che ha alimentato accesi dibattiti dacché è in corso la pandemia.
Occorre allora fare chiarezza.
Prima di tutto, però, due premesse.
Anzitutto, va spiegato che il presente scritto viene pubblicato in data 04.04.2020 e, pertanto, non va considerato più attuale in presenza di successivi atti normativi. In questo periodo di convulsione legislativa, infatti, si rende utile specificare anche questo aspetto.
Secondariamente, va marcato con rigorosa trasparenza come, allo stato, sul tema del diritto di visita giurisprudenza, dottrina e legislatore non hanno assunto un indirizzo comune e accettato da tutti (complice anche una normazione forse poco cristallina), riducendo così ogni intendimento a mera interpretazione o tesi di sorta.
Ciò posto, può ritenersi che allo stato (ossia fino alla data del 13 aprile 2020, salvo ulteriori proroghe) il diritto di visita di ciascun genitore non è sospeso e va, di conseguenza, garantito, e ciò sia che i genitori risiedano o comunque utilizzino immobili siti nello stesso Comune, e sia che questi risiedano o comunque utilizzino immobili siti in Comuni diversi.
Questo è l’assunto generale, derogabile solo nel caso in cui il trasferimento della prole dal genitore collocatario a quello non collocatario, e viceversa, non possa realizzarsi senza rischi di contagio per il minore, giacché sono invece da considerarsi a rischio tutte quelle situazioni di fatto in cui, data la lontananza o altre circostanze specifiche, tale diritto non possa esprimersi in assoluta sicurezza.
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Subito dichiarate, dunque, le conclusioni, occorre illustrare ora le antecedenti premesse.
Noto ai più era, nei giorni scorsi, il decreto del Tribunale di Milano (Dott.ssa Piera Gasparini) dell’11.03.2020 con il quale veniva ritenuta l’insussistenza di un divieto o di una limitazione del diritto di visita dei figli e dei genitori, “ritenuto che le previsioni di cui al .. DPCM 8 marzo 2020 n.11 non siano preclusive dell’attuazione delle disposizioni di affido e collocamento dei minori, laddove consentono gli spostamenti finalizzati a rientri presso la “residenza o il domicilio”, sicché alcuna “chiusura” di ambiti regionali può giustificare violazioni, in questo senso, di provvedimenti di separazione o divorzio vigenti; e rilevato che anche le FAQ diramate dalla Presidenza del CDM in data 10.3.2020 indicano al punto 13 che gli spostamenti per raggiungere i figli minori presso l’altro genitore o presso l’affidatario sono sempre consentiti”.
Difatti, il precedente D.P.C.M. 8 marzo 2020 consentiva gli spostamenti purché rientranti nel dominio delle “situazioni di necessità”: affermazione, questa, ritenuta da molti compatibile con la l’esigenza, effettiva ed impellente, di garantire il diritto di visita dei figli. Dato anche che, in effetti, il decreto espressamente consentiva finanche gli spostamenti fuoriComune per “il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza”.
Successivamente – e bypassando solo per esigenze di sintesi ordinanze regionali ed ordinanze provenienti dai diversi Ministeri – il D.P.C.M 22 marzo 2020 secondo molti aveva ‘cambiato le carte in tavola’, traslando l’appiglio normativo dal precedente “stato di necessità” all’attuale “esigenze di assoluta urgenza” che, viceversa, a parer di molti scriventi avrebbe dovuto far propendere per una generale sospensione del diritto di visita dei genitori.
Dopotutto, il tenore dell’espressione “esigenze di assoluta urgenza” può, in effetti, indubbiamente ammettere un’interpretazione in siffatti termini.
Ed in questo contesto, peraltro, si inseriva anche la recente giurisprudenza di merito, ed in particolare l’ordinanza del Tribunale di Bari del 26 marzo 2020 (G. Relatore-Consigliere Labellarte), con cui, invero senza troppo fiorettare sulle diverse definizioni proposte dai rispettivi decreti susseguitisi, disponeva la “sospensione delle visite” del genitore, statuendo che “il diritto di visita paterno sia esercitato attraverso lo strumento della videochiamata, o Skype”.
Eppure, in un contesto variegato e convulso come quello riassunto, la stessa fonte governativa chiariva sull’argomento, invece, che le regole previste dal D.P.C.M. dell’8 marzo (“stato di necessità”) e del 22 marzo (“assoluta emergenza”) fossero le medesime, dovendosi far ricomprendere, in ogni caso, il diritto di visita all’interno di entrambe le definizioni. Come poi precisato tramite le FAQ di cui al sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri – ormai prese in considerazione da autori e magistrati, quasi fossero divenute vera fonte normativa – nella sezione “spostamenti”, domanda n. 17 (“Sono separato/divorziato, posso andare a trovare i miei figli minorenni?”), ove si specifica: “Sì. Gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti anche da un Comune all’altro”.
Sicché peraltro ciò è “consigliato”, e quindi ritenuto, in ultimo, anche all’interno delle “Riflessioni sulla gestione dei rapporti tra i genitori separati e figli in relazione alla emergenza Covid-19” dell’Unione Nazionale Camere Civili – Commissione Famiglia, la quale non manca di fare riferimento alle citate FAQ governative.
Di conseguenza, oggi pare doversi ammettere che, quantomeno nella sostanza, debba trovare applicazione il principio della non sospensione del diritto di visita dei genitori, sempre e comunque qualora possibile, e pur con tutti gli accorgimenti del caso.
Certo, non può davvero sottacersi come la norma, in realtà – e cioè quella che dovrebbe essere la vera fonte di diritto! – utilizzi espressioni di significato letterale assai differente. E ciò, si noti, tecnicamente non è affatto un dettaglio. Tuttavia, in assenza di adeguamenti legislativi e in considerazione della situazione di contingenza dettata dall’emergenza sanitaria, questa esposta pare doversi intendere, comunque, la scelta (almeno nelle intenzioni) adottata dal Governo, e, quindi, la soluzione preferibile.
Ciò posto, sicuramente non sbagliano i genitori che, in una situazione comunque così poco definita, sapientemente riescono a trovare una soluzione di compromesso (anche magari tech-friendly), o che, comunque, nel dubbio, adottano comportamenti più cautelativi per loro stessi e tutelativi del superiore interesse dei figli e della loro salute.
Avv. Davide Pistone