Era il mese di settembre dello scorso anno e il Tar di Milano accolse il ricorso presentato dall’associazione Moschea Abu Bakar contro il provvedimento di diniego dell’istanza di concessione di un’area per la sepoltura secondo il rito musulmano all’interno del cimitero di Magenta. Il comune venne condannato al pagamento delle spese legali rilevando come fossero state ignorate le osservazioni depositate nei termini dall’Associazione Moschea Abu Bakar con la conseguenza che il rifiuto del Comune di Magenta risultò viziato in modo insanabile. Il Tar aggiunse che il Comune di Magenta avrebbe dovuto esaminare la domanda senza ignorare non solo le osservazioni ma anche i documenti prodotti dall’associazione Abu Bakar. “Eravamo fiduciosi, invece ecco arrivare l’ennesimo diniego – ha commentato Munib Ashfaq dell’associazione – e con quali motivazioni? Praticamente identiche a quelle del primo diniego. Mancanza del piano regolatore per il cimitero e assenza degli spazi adeguati. Ho verificato personalmente entrando nel cimitero quale fosse la situazione. Ho visto tanti campetti. Basterebbe la concessione di uno solo di questi”. E così l’altro giorno ecco partire un altro ricorso contro il diniego del Comune. L’articolo 100 del regolamento di polizia mortuaria prevede che “I piani regolatori cimiteriali possono prevedere reparti speciali e separati per la sepoltura di cadaveri di persone professanti un culto diverso da quello cattolico. Alle comunità straniere, che fanno domanda di avere un reparto proprio per la sepoltura delle salme dei loro connazionali, può parimenti essere data dal sindaco in concessione un’area adeguata nel cimitero”.
A Magenta muoiono in media uno, due persone di origine straniera all’anno. La metà sono di religione islamica. “Un solo pezzetto di terra sistemerebbe le cose per i prossimi anni – conclude Munib – purtroppo tutti siamo destinati a finire la nostra vita su questa terra, è inevitabile che questo accada. Auspichiamo che il comune usi la ragione ed eviti ulteriori spese inutili alla cittadinanza. Questa volt ai soldi per il ricorso sono arrivati dalle spese di lite direttamente dal comune di Magenta. Ma infastidisce che in un momento di difficoltà insistano a continuare su cause perse in partenza”